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Da grande voglio fare il veterinario: intervista a Diego Rendini

Da grande voglio fare il veterinario è la rubrica nella quale scopriamo come esperti del settore hanno realizzato il loro sogno. Di seguito l’intervista a Diego Rendini, medico veterinario esperto comportamentalista


Quando ha avuto la prima idea di fare il veterinario, a quanti anni?

A circa 12 anni ho iniziato ad appassionarmi agli animali e in particolare ai cani. Ho iniziato a studiare le razze e il loro comportamento e anche a sognare di diventare un medico veterinario.

C’è stato un episodio significativo che è stato determinante per fare scattare la scelta?

L’essere stato in uno studio veterinario per far visitare il mio cane di allora di nome Pepe.

Rifarebbe la scelta fatta?

Certo, la rinnovo quotidianamente.

C’era qualcuno in famiglia o tra amici e conoscenti che le ha trasferito l’amore per gli animali?

Credo di essere stato ispirato da un film: “Zanna Bianca”.

Da cosa è nata la prima idea di fare il veterinario?

Dalla voglia di comprendere come aiutare gli animali imparando a leggere i loro segnali e a comunicare con loro.

Aveva già animali domestici o che poteva incontrare facilmente?

Il mio cane di nome Pepe, un meticcio.

Si è preso cura di qualche animale da compagnia quando era ancora adolescente?

Mi occupavo del mio cane e di quelli dei vicini di casa.

Sapeva di dover affrontare un piano di studi così impegnativo quando ha iniziato a coltivare l’idea di fare il veterinario?

Sì, mi era stato presentato come un ciclo di studi molto lungo e impegnativo.

Pensando di fare il veterinario aveva già in mente di occuparsi di qualche animale in particolare?

Il cane è sicuramente il mio animale prediletto, pertanto mi sono sempre dedicato con particolare attenzione al mondo cinofilo a 360 gradi.

Come è stato scoprire durante gli studi di poter esercitare la professione in tanti ruoli differenti: docente, ricercatore, nutrizionista, etologo, chirurgo, comportamentista, consulente per le aziende, ecc.?

Ogni volta che a lezione veniva ospitato uno specialista in una branca della medicina veterinaria o quando la docenza era da parte di un professore che stimavo, sognavo di poter seguire le sue orme. L’essere poi riuscito a diventare un medico veterinario specializzato, un docente, un relatore, un autore e un divulgatore scientifico ha significato poter realizzare un sogno in cui ho iniziato a credere sin da bambino.

Aveva già le idee chiare di cosa sarebbe andata/o a fare dopo la laurea?

Sì, volevo essere un veterinario esperto in comportamento animale.

In breve la sua prima esperienza a contatto con gli animali dopo la laurea.

In attesa di specializzarmi svolgevo sia il medico veterinario presso una clinica veterinaria sia lavorando come educatore cinofilo.

Quali sono secondo lei le caratteristiche di carattere che un buon veterinario deve avere per esercitare al meglio la propria professione?

Pazienza…

Consigli a chi si sta orientando a questo tipo di studi?

Se credete nel vostro sogno, si realizzerà anche se troverete ostacoli e ogni tanto sarete tentati di mollare. Io ho avuto un attimo di ripensamento intorno al terzo anno per una serie di motivi, ma poi ho tenuto duro. Quando decisi di specializzarmi, alcuni colleghi affermati mi dissero che non era una branca con un futuro. Alcuni di quei colleghi sono oggi titolari di strutture con cui collaboro…

Ha degli animali da compagnia, se sì come si chiamano e che rapporto ha con loro?

Mr Cooper è un cane basso e tozzo, non particolarmente intelligente ma infinitamente affettuoso e a cui sono legato in modo particolare. Lui sta crescendo insieme a mio figlio e questo mi regala momenti preziosi.

Cosa ne pensa del processo di umanizzazione dei pet che si sta verificando oggi?

Bisogna saper distinguere il ruolo di membri della famiglia a tutti gli effetti, che oggi i nostri pet rivestono, dal considerarli sostituti di qualcosa o di qualcuno. Non è necessario considerarli umani per attribuirgli un ruolo nella nostra vita. Se li vediamo come persone li tratteremo come tali rischiando così di sacrificare le loro reali esigenze etologiche.



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